sabato 16 giugno 2012

Il gioco della bottiglia greca


C’è un altro giro in giostra per quegli sprovveduti dei greci, che poco più di un mese fa hanno avuto la brillante idea di votare con la propria testa combinando un bel casino. Ora tornano al seggio e da bravi cercano di fare le cose per benino. Un po’ come il gioco della bottiglia da piccoli, che se usciva la racchia o il bambino con l’apparecchio forzavamo le regole democratiche e la tiravamo di nuovo fino a un esito meno spaventevole. Allo stesso modo, i “mercati”, insieme a “Bruxelles” e alla “troijka”, figure mitologiche composte da mezzi uomini e mezzi portafogli, hanno reputato troppo cessi i volti e i programmi votati dai greci e hanno dato un’altra girata alla bottiglia dei nostri destini. I sondaggi, che spesso sbagliano e non considerano che mille e ancora mille sono i modi affinché magicamente in un’urna elettorale il voto dato a Tizio diventi un plebiscito per Caio, sembrerebbero ribadire la cocciutaggine di un popolo pervicacemente convinto che la democrazia sia il gioco in cui chi ha più voti governa col consenso del popolo. Cresce l’apprezzamento per Syriza, la coalizione della sinistra radicale, guidata dal giovanissimo trentasettenne (l’età in cui l’essere umano raggiunge l’apice del proprio fulgore intellettivo) Alexis Tsipras, mossa dalla certezza che un’altra Europa (e un altro mondo, per aggiunta) è possibile e decisa, seppur nelle immense difficoltà legate alla gestione di un successo atteso ma di proporzioni impreviste, a proporre soluzioni ideate per risolvere i problemi delle persone in primo luogo, e poi, forse eventualmente, per aiutare la finanza e placare le tecnocratiche isterie di matrice teutonica. Dalla parte opposta rispetto a Syriza ci sono socialisti (solo di nome) e conservatori, Pasok e Nuova Democrazia, quelli che la Grecia l’hanno ridotta così e ora sperano nel colpo di grazia visto che l’hanno svenduta al peggior offerente. Quello che avviene in periferia di solito finisce col coinvolgere anche il centro. E la periferica posizione di Atene, rispetto all’elegante centro di Roma e Madrid (e perché no, presto o tardi anche di Parigi o Berlino), non ci mette al riparo da questa nuova forma di deriva autoritaria. Stiamo assistendo alle prove generali di una grande opera di spoliazione, economica, politica e democratica ai danni dei diritti popolari. Una privazione, senza sangue (per ora) e carri armati, di sovranità e dignità. Da Wall Street e le sue banche d’affari too big to fail allo spread, passando per i tagli all’università pubblica di Rajoy e per la riforma Fornero, le avanguardie della lotta di classe hanno scatenato l’offensiva che Syriza e la gente di Grecia può solo rallentare e confondere, il resto spetta a noi.