Chissà se tra cinquanta, cento, duecento anni Christopher Hitchens verrà ricordato come uno dei pensatori di riferimento del secolo ventuno. Chissà se avrà l'onore di essere studiato, approfondito e commentato allo stesso modo in cui lui ha studiato, approfondito e commentato Kant, Wittgenstein, Hegel e compagnia. Chissà se "Dio non è grande. Come la religione avvelena ogni cosa" sarà la ragion pura dei posteri. E' certo però che Hitchens ha rappresentato e continuerà anche a farlo dopo la sua morte una boccata d'aria, necessaria e consolante, di fronte alla pervicace ottusità dei credenti. Vivere una vita degna e morale senza il timore di un dio crudele e vendicativo, godere del proprio libero arbitrio senza innati sensi di colpa, comprendere e conoscere i fenomeni naturali senza la presunzione di ricondurre tutto a un fantomatico disegno sovrannaturale sono solo alcuni dei numerosi suggerimenti lanciati al lettore per un completo utilizzo del proprio cervello. E l'autore indaga con dovizia di nozioni e precisione storica, accompagnando il lettore grazie a una prosa diretta ed essenziale lungo un viaggio esaltante, ironico e sorprendente. Un viaggio che porta all'inevitabile conclusione di quanto la religione, ogni religione, sia stata e sia tuttora uno strumento di oppressione, prevaricazione e abuso. Un mezzo affinché pochi privilegiati potessero vessare la moltitudine. Poco per volta, molto lentamente, razionalismo e laicismo si conquisteranno il proprio meritato spazio, anche se la battaglia è ancora lunga. Ma grazie a studiosi come Christopher Hitchens sappiamo che ce la faremo.
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