giovedì 5 gennaio 2012

La morte della coscienza di classe

La più grande vittoria del capitalismo è stata quella di farci credere che non fossimo più proletariato. Una grande, unica e indistinguibile massa informe definita classe media, per la quale sarebbero state non più necessarie le epiche lotte sindacali sorte a metà del diciannovesimo secolo, ancor prima della diffusione delle teorie marxiane, ed esauritesi solo nei primi anni ottanta del secolo successivo; rivendicazioni che nascevano proprio dalla coscienza della propria subalterna condizione, condivisa con altre persone in tutto il mondo, e si propagavano con l’inesauribile forza d’urto dell’assoluta fiducia nella lotta come strumento per l’affermazione di diritti inalienabili. E la consapevolezza di ambire a tali diritti ha rappresentato il propellente per il raggiungimento dei medesimi, anche in virtù della piena percezione del proprio ruolo sociale, percezione invece del tutto assente nell’enorme massa di sfruttati affermatasi negli ultimi due decenni del secolo ventesimo e in questa prima parte di ventunesimo. La già citata massa informe rappresentata da lavoratori di vario genere e natura, sdegnati all’idea di confondersi gli uni con gli altri e pronti a respingere il concetto di sfruttamento a loro danno. Venuta meno la consapevolezza della propria asservita condizione è di conseguenza crollata la coscienza di classe, motore delle faticose conquistate sociali raggiunte da donne e uomini sacrificatisi nel corso della storia per il bene comune. In pratica, il trionfo del capitalismo. Impiegati garantiti da contratti a tempo indeterminato non hanno saputo solidarizzare con colleghi più giovani (e talvolta più preparati) obbligati a sottoscrivere accordi capestro, operai immigrati hanno accettato di compiere attività pericolose e non protette a differenza dei loro colleghi immemori delle ancora più ostili condizioni di lavoro un tempo in vigore e, al momento opportuno, nessuno è stato in grado di unire queste forze disperse affinché si levasse una sola, potente voce a sostegno dei più deboli. Ci siamo trovati così ad affrontare una quotidiana guerra tra poveri, quando la guerra l’avremmo dovuta fare ai padroni. Sono bastati un appartamento in periferia, conquistato con comode rate trentennali, un’utilitaria di proprietà, le ferie d’agosto al mare, magari un telefonino ultimo modello o le scarpe griffate (tutto rigorosamente ai saldi) per farci illudere di essere meglio di quelli che scendevano in piazza per urlare la propria voglia di giustizia ed eguaglianza. Il capitalismo ha vinto, e noi abbiamo realizzato il punto decisivo.

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